Sinopse
La storia di tre fratelli, librai sulla via del dissolvimento economico e ormai incapaci di agire al tramonto della loro fortuna commerciale, viene mirabilmente descritta da Tozzi e l’eterno problema del bene e del male, così vivo nei romanzi russi e in particolare in Dostoevskij, è recepito dallo scrittore con uno stile aderente alla realtà e una lingua schietta e ‘regionale’ quale emerge dalla forza dei dialoghi. I tre fratelli Gambi vengono presentati come uomini in frantumi, che manifestano il medesimo sentimento della vita e la stessa situazione psichica: quella dell’uomo «a cui è stata asportata la potenza di mordere nel pieno della realtà». In questo modo, Tozzi racconta la presa di coscienza del fallimento di quelle certezze su cui potevano reggersi le cose e i valori nei secoli passati, trasponendo nel tipo letterario dell’inetto la crisi dell’individuo in rapporto a se stesso e agli altri, accogliendo le influenze dei modelli rappresentati da Kafka, Svevo e Dostoevskij. La cifra che ci rende contemporaneo questo romanzo, «compagno di strada in un crepuscolo di apocalisse», è rappresentato dall’assenza dell’amore che diviene «cartina di tornasole» della solitudine dell’uomo, il quale «ha subito l’amputazione delle sfere di responsabilità sentimentale e sociale e compie le sue azioni di adulto a livello di bambino». In questo senso, Tre croci parla anche all’Italia di oggi, in un’epoca dove gli scandali e la disonestà dettata dagli interessi individuali, dietro un falso perbenismo, sono all’ordine del giorno. Così che, al di là dell’apparente nudità dei fatti, il lettore è sollecitato a interrogarsi sul problema del male come «non risarcibile mistero doloroso» in rapporto alle sue estreme conseguenze e in una prospettiva non solamente terrena. Scoprendo il volto più angosciante dell’uomo quando, per dirla con Pirandello, «il vuoto interno si allarga».